C'è stato un tempo in cui dire “faccio il sito in WordPress” era una dichiarazione di indipendenza digitale. Libertà, personalizzazione, community open source: un sogno per designer, sviluppatori e creativi. Oggi, però, quel sogno mostra crepe evidenti. E noi di CTA, che crediamo profondamente nell’open source come filosofia, abbiamo fatto una scelta diversa. Abbiamo deciso di non usare WordPress. Perché? Perché costruire siti non è solo questione di schemi, ma di visione, fluidità, precisione e libertà creativa reale. In questo articolo ti spieghiamo cosa è WordPress, a cosa serve, perché è ancora diffusissimo e perché — nonostante tutto — abbiamo scelto di non seguirne più la scia.
- Cos'è WordPress e perché è ancora ovunque
- I vantaggi storici del CMS open source più famoso del mondo
- Il vero limite: plugin, aggiornamenti, estetica, controllo
- Page builder: la falsa promessa della libertà visiva
- Quando il design si trasforma in schema
- La nostra visione: controllo creativo e progettazione pura
- WordPress è per tutti? Pro e contro concreti
- Conclusioni
1. Cos'è WordPress e perché è ancora ovunque
WordPress è nato nel 2003 come piattaforma per blog, diventando nel tempo il CMS (Content Management System) più usato al mondo. Oggi alimenta oltre il 40% dei siti web globali, dalle piccole pagine personali a grandi portali di informazione. Il motivo è semplice: è gratuito, open source, ampiamente supportato da una community attiva e ricco di plugin che permettono di aggiungere quasi ogni funzionalità immaginabile.
2. I vantaggi storici del CMS open source più famoso del mondo
Per onestà intellettuale, dobbiamo riconoscere i suoi meriti:
- Accessibilità immediata: con pochi click puoi avere un sito funzionante.
- Community vasta: migliaia di sviluppatori e designer contribuiscono ogni giorno.
- Scalabilità economica: adatto a chi ha budget ridotti.
- Flessibilità potenziale: se sai programmare, puoi davvero fare (quasi) tutto.
Per molti progetti standard, è ancora oggi una scelta valida. Ma qui arriva il punto: noi non costruiamo progetti standard.
3. Il vero limite: plugin, aggiornamenti, estetica, controllo
Prendiamo i plugin, ad esempio. Sono piccoli software che si integrano a WordPress per aggiungere funzionalità: dalla SEO alla newsletter. Ogni plugin è sviluppato da soggetti terzi. Nessuno è parte del team ufficiale WordPress. Risultato? Ogni aggiornamento importante del CMS — e sono frequenti — può rompere la compatibilità. Un esempio reale: WordPress si aggiorna. Il plugin per Mailchimp no. Le newsletter smettono di funzionare. Puoi solo aspettare che Mailchimp aggiorni. Se l’intero sito dipende da plugin di questo tipo, i rischi di interruzione e conflitto si moltiplicano. Ogni plugin è un punto di fragilità. Più plugin = più lentezza, più codice caricato, più manutenzione. Inoltre, anche dal punto di vista visivo, molti siti WordPress si somigliano. I temi più diffusi usano strutture a blocchi standard, adattate con varianti minime. Le regole di design CSS sono vincolate. Il risultato è una navigazione prevedibile, senza carattere, dove le identità si appiattiscono.
4. Page builder: la falsa promessa della libertà visiva
A prima vista sembrano l’uovo di Colombo: Elementor, Divi, WPBakery, Gutenberg e compagnia cantante permettono a chiunque di costruire una pagina web senza scrivere una riga di codice. Trascini blocchi, selezioni layout, aggiungi immagini. Ma sotto questa patina di facilità si nasconde un ecosistema rigido, opaco, e spesso controproducente per chi lavora con il design come leva strategica.
1. Codice generato: pesante e poco leggibile
Ogni azione fatta in un page builder produce una quantità significativa di codice HTML, CSS e spesso anche JavaScript. Questo codice è generato automaticamente e difficilmente ottimizzato: classi duplicate, stili inline, script inutili. Il risultato? Siti più lenti, meno accessibili, con più problemi di SEO tecnica e peggiore esperienza utente.
2. Personalizzazioni complesse o impossibili
Se vuoi cambiare una spaziatura, una transizione o un effetto avanzato che esce dallo schema del builder, le cose si complicano. Serve conoscere bene CSS, ispezionare codice, forzare stili. In più, alcuni builder inseriscono i loro stili solo all'interno di determinate regole, che sovrascrivono o annullano quelli personalizzati. È una lotta contro l'interfaccia stessa.
3. Dipendenza totale dalla piattaforma
Se scegli un builder, sei legato al suo ecosistema. Vuoi cambiare tema? Può rompersi tutto. Vuoi esportare i contenuti su un'altra piattaforma? Spesso non è possibile senza perdere formattazioni o dover ricostruire tutto da zero. Il sito, anziché tuo, sembra appartenere allo strumento con cui l’hai costruito.
4. Uniformità estetica: tutti i siti si somigliano
I template forniti dai builder sono comodi, ma portano verso uno standard visivo uniforme: griglie, bottoni, call to action, animazioni. Cambiano i colori, le immagini, ma la struttura è sempre quella. Chi ha visitato 3 siti costruiti con Elementor, li riconosce subito. Per un brand che vuole differenziarsi, questo è un freno potente.
5. UX progettata al contrario
I page builder portano a una costruzione del sito orientata alla facilità di montaggio, non all’esperienza dell’utente finale. Si costruisce pagina per pagina, blocco per blocco, senza una visione d’insieme. Ma la UX non è un collage: è un percorso coerente. I builder, se non usati con estrema consapevolezza, invertono la logica: l'architettura segue lo strumento, non il senso del contenuto.
6. Nessuna evoluzione a lungo termine
Infine, un sito costruito con page builder raramente è scalabile. Se il brand cresce, se cambiano i bisogni, se vuoi espandere funzioni, la rigidità del sistema diventa un vincolo. È come costruire la tua casa con blocchi LEGO: bello all'inizio, ma difficile da trasformare in una villa su misura.
Per questo, noi di CTA abbiamo fatto una scelta netta: niente page builder. Preferiamo progettare esperienze che non siano mai una somma di componenti, ma un disegno fluido, su misura, capace di emozionare davvero chi lo vive.
5. Quando il design si trasforma in schema
C'è una linea invisibile ma decisiva tra progettare un'esperienza e montare una vetrina. In molti progetti realizzati con WordPress, questa linea viene oltrepassata senza nemmeno accorgersene: il design diventa uno schema, una formula, una gabbia ripetuta all'infinito.
- L'illusione del design "già fatto"
La grande promessa dei template WordPress è che puoi avere un sito bello in pochi click. E è vero. Ma bello per chi? Bello in che modo? Il rischio è quello di confondere la familiarità con l'efficacia. Un layout preconfezionato funziona perché è stato testato, ma è anche stato replicato. E più viene replicato, meno comunica. - Strutture standard che annullano l'identità
Hero image con titolo centrale, blocchi di tre servizi, citazioni dei clienti, form di contatto nel footer. Questo è lo schema tipo. Ma se tutti lo usano, che fine fa la tua identità? Come si distingue un brand artigianale da uno tech, uno psicologo da una startup? Il design si appiattisce, e l'esperienza diventa intercambiabile. - Meno spazio per il racconto visivo
Quando progetti davvero un sito, ogni dettaglio racconta. Un bordo stondato può trasmettere empatia. Un'animazione fluida può suggerire innovazione. Una tipografia audace può comunicare coraggio. Ma nei layout standard questi elementi vengono addomesticati. Il design non parla più: decora. - La mente riconosce, ignora, dimentica
Il cervello è progettato per risparmiare energia. Se riconosce uno schema, smette di prestare attenzione. Questo significa che ogni volta che un utente vede un layout "già visto", la sua soglia di attenzione si abbassa. La pagina è ordinata, ma non memorabile. Il messaggio è leggibile, ma non potente.
L'alternativa: design come strategia
Per noi di CTA, il design non è mai un formato da riempire. È il linguaggio visivo con cui un brand prende forma. Questo richiede un approccio su misura, artigianale, fatto di ascolto, test, iterazione. E strumenti che lo rendano possibile. Webflow, ad esempio, ci consente di creare design che non rispondono a uno schema predefinito, ma a una visione. Di lavorare sulla microinterazione, sull'emozione, sulla gerarchia narrativa. Di costruire un sito che non si legge: si vive.
Perché oggi, più che mai, il design non deve solo essere bello. Deve essere unico, strategico, umano.
6. La nostra visione: controllo creativo e progettazione pura
CTA costruisce esperienze digitali, non template. Lavoriamo con codice puro o strumenti come Webflow (di cui parleremo nel prossimo articolo). Questo ci permette di:
- controllare ogni linea di codice e stile;
- costruire design senza vincoli o griglie prefabbricate;
- garantire performance elevate;
- eliminare la dipendenza da plugin esterni;
- offrire massima libertà espressiva.
Webflow, in particolare, rappresenta per noi un ponte ideale tra la libertà del codice custom e la praticità visuale di un CMS evoluto. È uno strumento pensato per designer che vogliono costruire interfacce autentiche, scalabili e animate in modo fluido, con un controllo che va oltre la logica a blocchi dei page builder tradizionali.
Ci permette di progettare ogni dettaglio: griglie responsive personalizzate, micro-interazioni animate, scroll dinamici e strutture semantiche pulite. Tutto con un’interfaccia visuale intuitiva, ma sotto la quale vive un codice HTML/CSS leggibile, ottimizzato e coerente.
Non è solo uno strumento. È una filosofia. Non è una scelta più facile o più difficile, è solo la nostra scelta.
7. WordPress è per tutti? Pro e contro concreti
Quando può avere senso usarlo:
- Progetti semplici o blog personali
- Budget molto ridotti
- Gestione autonoma da parte del cliente
Ma se cerchi:
- Personalizzazione avanzata
- Identità visiva unica
- Performance elevate
- Controllo sul codice
- Sicurezza stabile
- Lunga durata del progetto
Allora WordPress non è la risposta giusta.
Contro concreti:
- Dipendenza da plugin terzi
- Aggiornamenti critici e continui
- Rischi di sicurezza da estensioni vulnerabili
- Rallentamenti strutturali
- Design standardizzati
- Manutenzione costante
- Difficoltà a scalare con precisione
Conclusione
Ogni CMS è una scelta. Ma ogni scelta è anche un posizionamento.
WordPress è stato una rivoluzione. Oggi è diventato una prigione dorata per chi ha visioni più alte.
Noi vogliamo libertà. Vogliamo creare, non assemblare.
Vuoi costruire un sito che non sembri "già visto"? Un’esperienza su misura, pensata per emozionare?
E se non vuoi perderti il prossimo articolo su Webflow, iscriviti alla nostra newsletter: ogni settimana idee, strumenti e visioni per progettare il web con autenticità.